Follow-up della celiachia: ultime dalla ricerca

 

Follow-up della celiachia: la ricerca fa progressi

 

Attualmente le linee guida per il follow-up della celiachia (1) prevedono che vengano effettuati, inizialmente ogni sei mesi, quindi annualmente, esame sierologici per la ricerca degli anticorpi anti-transglutaminasi.

Tali esami però in realtà non sono così specifici per il monitoraggio del recupero della funzionalità intestinale, e della riduzione dei danni ai villi. Certo, quando gli auto-anticorpi si normalizzano, è ragionevole pensare che si sia normalizzata la situazione anche a livello intestinale, ma in realtà i tempi per la riduzione dell’infiammazione della mucosa sono più lunghi, e non facilmente correlabili a quelli del ritorno degli auto-anticorpi a livelli sotto soglia. Il metodo d’elezione sarebbe la biopsia intestinale, e in effetti molti anni fa il protocollo era proprio questo: biopsia, un anno di dieta sglutinata e nuova biopsia per verificare in situ lo stato dei villi. Ma oggi non è pensabile sottoporre a continue gastroscopie i pazienti celiaci, sia per i costi che questo comporterebbe per il SSN ma anche per i costi individuali: basti pensare che di norma i minori effettuano la gastroscopia in sedazione, e per quanti sviluppi ci siano stati, un’anestesia generale, per quanto lieve, è sempre fonte di rischi non trascurabili.

In questo contesto si capisce quanto sia pressante l’esigenza di trovare metodi semplici, veloci e soprattutto poco invasivi per il follow-up della celiachia nei pazienti già diagnosticati e per il monitoraggio dell’andamento della dieta nei pazienti celiaci.

Un gruppo di ricerca spagnolo (2) ha recentemente sviluppato una metodica non invasiva basata sulla ricerca nelle urine di peptidi del glutine.

Il metodo utilizza uno strumento molto sensibile in grado di riconoscere diversi molecole biologiche e chimiche in un campione.

L’obiettivo di questa ricerca è quello di proporre un metodo che sia riproducibile, non necessiti di operazioni preliminari costose e complicate (come ad esempio processi di elaborazione preventiva del campione), insomma, un metodo che sia il più possibile comodo e immediato per il paziente.

Negli anni sono stati sviluppate molte tecniche di analisi per determinare la quantità di glutine contenuta in cibi e bevande. La più diffusa è quella nota come ELISA, ed infatti sono disponibili sul mercato svariati dispositivi basati proprio su questo metodo. I dati ottenuti però sono complessi da analizzare e quindi non soddisferebbero le esigenze di facilità di esecuzione e di immediatezza che sono così essenziali in questo campo.

Il gruppo spagnolo ha realizzato un sensore SPR (Surface Plasmon Resonance, per i pochi che possono essere interessati ai dettagli tecnici) allo scopo, che è stato testato, come da prassi, su un gruppo di pazienti celiaci e un gruppo di controllo di pazienti sani. L’intera misura su un singolo campione richiede circs 20 minuti, il dispositivo è portatile, e ottiene risultati comparabili con quelli ottenuti con ELISA, che però, basandosi su uno spettrometro di massa, richiede tempo, è costosa e richiede lunghe e costose procedure di pretrattamento ed elaborazione dei campioni.

Malgrado l’estrema variabilità dell’urina, la metodica sviluppata risulta assai promettente.

Si tratta comunque di uno studio sperimentale, di ricerca, il gruppo che lo ha effettuato sta andando avanti facendo altre prove e migliorando le prestazioni del device.

Ancora non sono pertanto disponibili dispositivi commerciali che effettuino questo tipo di analisi.

Questo studio non modifica quindi le linee guida per il follow-up della celiachia, ma apre interessanti prospettive per il futuro.

Bibliografia

1) Linee guida per la diagnosi ed il monitoraggio della celiachia e relative patologie associate e complicanze, Gazzetta Ufficiale n° 7/2/2008

2) M. Soler, M. C Estevez, M. de Lourdes Moreno, A. Cebolla, L. M. Lechuga, 2016, Biosensors and Bioelectronics 79, 158–164

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