Il pediatra e la celiachia: l’introduzione del glutine e altro

 

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Il pediatra e l’introduzione del glutine

“Sono celiaco, non sono malato” è, oltre al titolo di un bel libro divulgativo sull’argomento, un “dictat” fondamentale quando si parla di questo armento in età pediatrica.

La celiachia “storica”, la “sprue celiaca” come veniva descritta sui libri di pediatria 30-40 anni fa, era una patologia caratterizzata da malnutrizione grave, con diarrea, magrezza, perdita di nutrienti e conseguenze devastanti all’assunzione di glutine. Nessuno le avrebbe mai tolto la dignità di “malattia” ed era facile da diagnosticare e da curare con la dieta da eliminazione.

Con l’emergere dell’”iceberg” celiachia anche per il pediatra lo scenario è decisamente cambiato.

L'iceberg (semplificato) della celiachia - Gluten Free Travel and Living
L’iceberg (semplificato) della celiachia – Gluten Free Travel and Living

Noi pediatri abbiamo iniziato pian piano a vedere sempre forme paucisintomatiche, sintomi non intestinali, diagnosi effettuate in ragazzini preadolescenti o adolescenti in un periodo della vita in cui accettare una dieta di eliminazione è sicuramente complesso.

Abbiamo iniziato a dovere approcciarci a problematiche più sfaccettate, legate alla sfera emotiva e psicologica, così delicate in età pediatrica. Abbiamo dovuto imparare a gestire le “paure” di chi ha un figlio che deve iniziare una dieta senza glutine e di chi ha paura che il suo bambino sviluppi la celiachia e ci chiede come fare per ridurre il rischio che ciò accada.

Le mamme che ci chiedono cosa si possa fare per evitare che il piccolo “prenda” la celiachia e spesso ci si ritrova con famiglie che “per moda” (o per paura) sottopongono I bambini a diete di eliminazione incoerenti e non fondate.

Ricordiamoci che la celiachia è una malattia autoimmune in cui l’organismo, al contatto con il famigerato glutine, produce anticorpi contro se stesso danneggiando le cellule intestinali. Per la celiachia esiste una predisposizione genetica, senza la quale la malattia non si sviluppa, ma non tutti coloro che hanno la predisposizione genetica sono destinati ad ammalarsi. Alcuni di loro nella vita incapperanno in un “evento scatenante”, non ancora noto, che sarà la scintilla destinata a far scoppiare l’incendio autoimmune. Quindi innanzitutto per essere celiaco un bambino deve avere questa predisposizione genetica (il famigerato HLA) senza la quale non può esserci malattia.

Detto questo non ha senso, se non per motivi di studio, andare a cercare questa predisposizione in tutta la popolazione; lo si farà in caso di sintomi oppure in caso di familiari di primo grado affetti da celiachia. Ovviamente saremmo tutti felici di sapere quale siano questi fattori che scatenano lo sviluppo della celiachia, in modo da poterli controllare, ma siamo ancora lontani da questo obiettivo.

Questi timori diventano ancora più pesanti per le mamme che si avvicinano allo “svezzamento”, cioè al momento in cui il piccolo inizia ad affiancare al latte dei cibi “solidi”. Il ruolo del pediatra, in presenza di malattie autoimmuni come la celiachia o di allergie alimentari, è davvero fondamentale.

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Un tempo si pensava che l’introduzione precoce del glutine con lo svezzamento potesse favorire lo sviluppo della malattia e infatti, fino a non molto tempo fa, si iniziava l’introduzione di cibi solidi nei bambini con cereali non contenenti glutine (le famose farine di riso o di mais e tapioca) e si rimandava l’introduzione del glutine dopo gli 8-10 mesi, a volte oltre l’anno.

Sicuramente in questo modo si rimandava lo sviluppo dei sintomi di celiachia in quei bambini comunque destinati a sviluppare la malattia, ma quest’abitudine, come in generale l’introduzione differenziata e ritardata di tutti gli alimenti, è stata per anni più che altro una moda senza alcun presupposto validato scientificamente.

Oggi una importante conferma di questo dato è stata data da due studi recenti, uno italiano coordinato dal prof. Catassi e uno europeo entrambe pubblicati nel 2014 sulla prestigiosa rivista NEJM (New England Journal of Medicine). Questi studi, condotti su bambini lattanti predisposti a sviluppare la celiachia in quanto parenti di primo grado di celiaci, hanno dimostrato come la tempistica dell’introduzione del glutine nell’alimentazione non sia un fattore determinante nello sviluppo della celiachia e come, molto probabilmente, la genetica abbia molto più peso dell’ambiente nello sviluppo della malattia.

Quindi assodato che Il glutine va introdotto al momento dell’introduzione degli altri cibi solidi in tutti I bambini, anche In quelli che si sa siano predisposti a sviluppare la malattia, un’altro punto di discussione è il ruolo del latte materno nella prevenzione della celiachia.

Sempre più evidenze scientifiche ci stanno dimostrando quale meraviglioso universo nasconda il latte materno che non è solo un alimento, ma un vero tessuto biologico vivo e ricco di fattori capaci di modificare e coordinare lo sviluppo del sistema immunitario del bambino, proprio per questo almeno in linea teorica si è ipotizzato che l’assunzione di latte materno prolungata possa ridurre il rischio di sviluppare malattie autoimmuni fra cui anche la celiachia, tanto che una importnte revisione della letteratura scientifica sull’argomento risalente al 2006 sembrava suggerire come la prosecuzione dell’allattamento materno durante l’introduzione dei cibi contenenti glutine potesse ridurre il rischio di sviluppare la malattia.

Ad oggi però, nonostante rimanga la forte raccomandazione dell’OMS di alimentare al seno esclusivamente I bambini nei primi sei mesi di vita e poi, con l’introduzione di cibi solidi, mantenere l’assunzione di latte materno fino a due anni e oltre, finchè mamma e bambino lo desiderano, il ruolo della protezione specifica dell’allattamento al seno sullo sviluppo della celiachia è dibattuto anzi, proprio I due studi precedentemente citati, non hanno individuato nessun fattore protettivo nell’allattameno materno sullo sviluppo della malattia.

Concludendo la possibile prevenzione dello sviluppo della celiachia è ancora un terreno poco conosciuto e a oggi quel che si può fare è solo prestare attenzione allo sviluppo dei sintomi, monitorare attentamente I bambini, soprattutto se parenti di primo grado di celiaci noti e, qualora la celiachia si sviluppi e venga diagnosticata, diffondere una cultura di convivenza serene con una dieta senza glutine il più possibile libera e naturale.

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Chi è Elena Uga, la nuova collaboratrice della sezione scienza e medicina?

Pediatra, nata a Gattinara nel 1973 si è specializzata in pediatria presso l’Università di Pavia. Dal 2006 Lavora a Vercelli presso la Pediatria dell’Ospedale Sant’Andrea. Si occupa di AAA (Allergologia, Allattamento, Ambiente) e fa parte del gruppo Associazione Culturale Pediatri e del gruppo Pediatri per Un Mondo Possibile. Ha tre figlie, un gatto e una grande passione per la musica….

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