Gli additivi minori: miti e conoscenza

Non so quanti di voi conoscono la trasmissione Mythbusters, i cui conduttori principali Jamie Hyneman e Adam Savage, che per inciso si somigliano così tanto da sembrare fratelli gemelli, applicano il metodo ed il pensiero scientifico per provare la validità di dicerie, leggende miti, scene da film e quant’altro. Il più delle volte il mito è busted, ovvero sfatato.

Pur non avendo né barba né basco, quando con le mie amiche blogger abbiamo cominciato ad addentrarci nelle profondità del mondo degli additivi abbiamo avuto non poche sorprese.

Una su tutte è che spesso, troppo spesso c’è più mito che conoscenza ed informazione.

Per tacer del fatto che il concetto di “naturale” spesso trae in inganno.

Questo è anche il caso dei cosiddetti additivi minori, ovvero tutti quei composto classificati a partire da E900 a E999.

Cominciando dall’ultimo degli additivi minori, si incontra l’estratto di quillaja E99; la Quillaja saponaria, ovvero l’albero del sapone del Cile, è ed è stata molto utilizzata nei paesi da cui proviene come espettorante e per le malattie della pelle. Il suo uso è più medico e curativo; infatti è usata negli sciroppi per la tosse, ma anche in alcuni preparati antidiarroici, perché non soltanto previene la disidratazione, ma disinfetta. La sua corteccia interna ricca di saponina è anche utilizzata come sostituto del sapone e nell’industria cosmetica e come additivo nei detergenti per la pulizia. È anche utilizzata negli estintori, ma anche come efficace pesticida. Nell’industria alimentare è impiegata come agente schiumogeno, perché produce una bella schiuma frizzante ed è infatti soprattutto utilizzata nelle bevande gasate, sebbene sembri poter essere usata anche nell’industria casearia. Pur essendo una sostanza naturale (sic!), pur essendo generalmente ben tollerata, presenta qualche effetto collaterale: ad elevate concentrazioni può risultare lassativa, sebbene la quantità assunta nei cibi sia sicura, visto l’utilizzo nella farmacopea potrebbe provocare disturbi respiratori e danni al fegato. Quindi è bene informarsi preventivamente dal medico.

Se una persona volesse evitarla nei cibi? Leggendo bene le etichette e sapendo dove si può trovarla, si può sostituire parte delle bevande gasate con dell’acqua frizzante, ad esempio.

Salendo da E999 e andando verso E950 si trova una serie di agenti dolcificanti, che meritano un capitolo a parte.

Dai dolcificanti saliamo ancora e troviamo i gas per il confezionamento ed i gas propellenti. Questi ultimi (E942, 943 a e b, 944) sono utilizzati soprattutto nei prodotti alimentari spray ed è regolarmente riportato in etichetta. Uno di questi, il butano E944, è nella lista nera degli ingredienti perché è utilizzato nelle Chicken McNuggets e in altri prodotti similari, perché ha funzione antiossidante e ne aumenta la shelf-life.

Mettendo da parte ogni altra questione, seppur interessante ed importante, il mio personale consiglio è: leggete bene le etichette e informatevi, sempre senza allarmismi, ed eventualmente il petto di pollo impanatevelo a casa, come più vi piace.

Arrivano i gas di confezionamento (E938 – E948), dei quali il più utilizzato è l’azoto. Perché si usa l’azoto (e sue miscele) nell’industria alimentare? Per conservare in atmosfera protettiva prodotti alimentari industriali, per eliminare l’ossigeno ed evitare l’irrancidimento di tutti queli alimenti con quantità significative di grassi insaturi; nell’industria enologica si usa azoto molecolare (N2) durante l’imbottigliamento del vino, per evitare il contatto con l’ossigeno (molecolare pure questo, O2).

Cosa troviamo dopo? Gli antiagglomeranti (E920 – E924, E927b – 928)!

Questi additivi sono utilizzati in tutti quei prodotti molto igroscopici, ovvero che assorbono umidità e che possono essere danneggiati da essa, perché laddove c’è eccessiva umidità può esserci proliferazione batterica o crescita di muffe, se le condizioni igieniche e di sicurezza sono disattese o non rispettate. Pensiamo al sale ad esempio, alle miscele di spezie e arriviamo alla farina e a vari prodotti da forno. Uno degli antiagglomeranti più utilizzato nella farina e nei prodotti che la contengono è un sale della cisteina. La cisteina è un aminoacido fondamentale per la struttura delle proteine, è un aminoacido non essenziale, ovvero il nostro organismo è in grado di sintetizzarlo da solo.

Da non confondere con la cistina, che è la sua forma doppia, cioè due cisteine unite tramite ponti disolfuro danno la cistina. Perché non dobbiamo confonderle? Poiché la cistina è fondamentale per il corretto processo di cheratinizzazione dei peli e dei capelli, che non ci passi per la testa che è la farina ad essere cheratinizzata.

Sempre per fugare ulteriori dubbi, l’acetilcisteina, fondamentale per la tosse, non è utilizzata come antiagglomerante nell’industria alimentare, perché è un derivato della cisteina e non un sale. Sono i sali della cisteina ad essere diffusamente usati come antiagglomeranti.

Vari studi hanno evidenziato che l’utilizzo dei sali di cisteina come antiagglomeranti non rappresentano alcun rischio per la salute degli adulti, tantomeno per quella dei bambini.

Il cloro (E925- E926) è consentito quale additivo nell’industria alimentare, perché è utilizzato come sbiancante nella farina di frumento, ma tale operazione la priva di vitamine, soprattutto di vitamina E. Inoltre, il trattamento con il cloro aiuta ad ottenere impasti con alto tenore zuccherino e con una struttura più stabile. In alcune nazioni ciò è proibito e la farina viene trattata con le micronde per ottenere lo stesso risultato.

Attenzione! Si parla di cloro e non di candeggina! La candeggina è ipoclorito di sodio con una bassa percentuale di tensioattivi. Si parla cloro e non di Amuchina, che è ipoclorito di sodio.

Non facciamo confusione.

Arriviamo infine ai lucidanti (E901 – E915), che trovano impiego nei rivestimenti delle caramelle e dei dolcetti, ma anche nella farmacopea per i confetti dei medicinali e nella industria cosmetica. Ovviamente, tali sostanze sono utilizzate ad ampio spettro anche in altre industrie, spesso molto lontane da quella alimentare. Tra i più conosciuti lucidanti troviamo:

  • la cera carnauba, di origine naturale (sic!), che viene utilizzata soprattutto per le caramelle a confetto delle marche più famose,
  • la cera d’api, anche essa di origine naturale (sic!), proveniente dalle api e utilizzata soprattutto come rivestimento nei formaggi
  • la gommalacca, sempre di origine naturale (sic!), proveniente dalle secrezioni della femmina dell’emittero Kerria lacca, utilizzata nell’industria alimentare come agente lucidante per pillole e caramelle, utilizzata come agente di rivestimento per la frutta, per ritardare il suo deperimento dopo la raccolta.

Last but not least, l’antischiuma usato anche come antiagglomerante, conosciuto anche come defomaer, ovvero il polidimetilsilossano, nome impronunciabile per un polimero di un tipo di silicone. In realtà sono diversi gli agenti antischiuma o inibitori di schiuma che sono utilizzati nell’industria alimentare e anche in altre tipologie industriali, come abbiamo visto per altri additivi. Gli agenti antischiuma sono utilizzati in diversi processi dell’industria alimentare, laddove è necessario controllare che non ci sia produzione di schiuma, come la produzione di bevande oppure durante i processi di fermentazione o durante la produzione di prodotti da forno, ecc.

Tra questi vanno ricordati:

  • il glicole polietilenico (soprattutto utilizzato nell’industria cosmetica e che meriterebbe un discorso a sé),
  • il magnesio stearato (più conosciuto come antiagglomerante, sigla E470b),
  • la lecitina idrossilata, prodotta a partire dalla lecitina di soja e utilizzata come emulsionante e per controllare la viscosità del prodotto. Sebbene sembra non sia utilizzabile in Europa, forse meriterebbe un discorso a sé.

Il polidimetilsilossano è invece utilizzato anche in Europa, è codificato dalla sigla E900, è utilizzato anche questo nell’industria farmaceutica e cosmetica, oltre che nella litografia e in altri campi industriali.

Nell’industria alimentare è utilizzato soprattutto nei cibi da friggere o fritti per evitare che l’olio di frittura facci eccessiva schiuma e quindi comprometta sia l’aspetto sia l’uniforme doratura del prodotto. Dove lo troviamo? Ad esempio in prodotti di fast food, come i notori Chicken McNuggets, in alcune patatine fritte, ecc.

Se il solo pensarlo ci fa rabbrividire come lo si evita?

La risposta non è da cercare fuori: la risposta è dentro di te! …” e, al contrario di ciò che pensa Quelo, è giusta.

Però, rispondiamoci responsabilmente e sempre cum grano salis.

 Fabiana Corami  fabipasticcio.blogspot.it

Fonti bibliografiche

wisegeek.com

en.wikipedia.org

www.dietcoachguide.altervista.org

www.huffingtonpost.com/food-republic

www.efsa.europa.eu

multimedia.food.gov.uk/

www.vrg.org/

appunti personali

fonti visive

eufic.org

deliahealth.com

middlepath.com.au

littlebitbetter.org

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